The Chosen: la serie che diventa esperienza
- Maria Grazia Ragazzini
- 23 set
- Tempo di lettura: 2 min
Non tutte le serie si guardano, alcune si vivono. The Chosen appartiene a questa seconda categoria: più che intrattenere, ti invita a entrare in una storia antica che continua a parlare al presente. Non è un racconto distante, ma un’esperienza che si fa vicina, che sorprende con la sua umanità e con quella sensazione rara di autenticità che arriva dritta al cuore.
Guardare The Chosen non è solo vedere una serie su Gesù. È entrare in un mondo vivo, fatto di persone, emozioni e anche di piccoli miracoli dietro le quinte. Dallas Jenkins, il regista e creatore, lo ripete spesso: non si tratta solo di raccontare storie bibliche, ma di farle sentire reali, vicine. La sua idea era chiara fin dall’inizio: niente superficialità, niente scene vuote. Tutto doveva avere senso, cuore e verità.
Il set stesso è quasi un personaggio della serie. Il “Faux-pernaum” in Texas è costruito con un’attenzione maniacale ai dettagli. Ogni stanza, ogni porta, ogni angolo può diventare un nuovo ambiente della storia. E poi ci sono gli imprevisti: il meteo cambia all’ultimo minuto, la nebbia si alza o la pioggia arriva dove non te l’aspetti. Invece di rovinare le riprese, questi momenti diventano scene indimenticabili. Jenkins li chiama “il tempo di Dio”: quando succede qualcosa che sembra fuori controllo, spesso la scena prende vita.
Anche il finanziamento della serie è fuori dal comune. Grazie al crowdfunding, Jenkins e la sua squadra hanno mantenuto il pieno controllo creativo. Durante la pandemia, hanno deciso di rendere la serie accessibile a tutti. Sembrava un rischio, ma il pubblico ha risposto con entusiasmo: le donazioni e l’audience sono cresciute. Così la produzione è andata avanti, senza compromessi.
Sul set, l’intensità emotiva è costante. Le scene della Passione e dell’Ultima Cena non sono facili da girare. Gli attori si immergono nei personaggi, studiano ogni sfumatura, ogni fragilità. Giuda, Matteo, Maria Maddalena: tutti diventano persone vere, con dubbi, paure e speranze. Jenkins ascolta le loro idee, lasciando spazio alla collaborazione. Questo rende tutto più autentico, più umano.
Ma forse la cosa più bella è il senso di comunità che si crea intorno alla serie. Il pubblico non è solo spettatore, è parte della storia. Ogni donazione, ogni condivisione, ogni commento contribuisce a far vivere The Chosen. E gli imprevisti? Non sono ostacoli, ma opportunità. La nebbia, la luce strana, un cambio improvviso di scena spesso rendono tutto più vero, più emozionante.
In fondo, The Chosen non racconta solo una storia di duemila anni fa. Racconta di relazioni, di cambiamenti, di momenti in cui la vita prende una piega inaspettata e la fede si fa sentire. E mentre guardo, penso a quanto queste storie possano parlare ancora oggi, sorprendermi, emozionarmi e, a volte, farmi riflettere su me stesso. Non è solo intrattenimento: è un invito a entrare in una storia che continua anche dentro di noi.



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